intervista al prof. Carnelli

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L’intervista al prof. Carnelli

Parlare con il professor Vittorio Carnelli vuol dire parlare con la Clinica Pediatrica De Marchi.

Intervistare il professor Carnelli vuol dire ripercorrere gli ultimi quarant’anni di storia della Clinica, quarant’anni in cui le vicende dell’uno si sono incrociate indissolubilmente con la crescita dell’altra.

Una storia che il professor Carnelli ritiene di dover incominciare a raccontare dal 1964 quando era studente di medicina agli ICP,  gli Istituti Clinici di Perfezionamento.

Di quegli anni ricorda il suo maestro, il professor Eugenio Schwarz Tiene, ricorda l’anno della laurea, il 1965. Era il coronamento del sogno che aveva fin dall’infanzia, il sogno di diventare il medico dei bambini.

Subito dopo la laurea, insieme al dott. Masera, l’allora giovane e inesperto dott. Carnelli iniziò a occuparsi di ematologia e oncologia pediatrica. Sono passati quarant’anni ma sembrano ricordi appartenenti a epoche remote. Il professor Carnelli ricorda: “allora i talassemici venivano ricoverati

due o tre giorni per ogni trasfusione, non esistevano valide terapie per gli emofilici e vi erano pochissime cure per i piastrinopatici. Anche per le leucemie gli unici mezzi erano il cortisone e il metrotrexate”.

Forse allora era ancora giovane e inesperto ma certo non gli mancava l’entusiasmo per la sua professione che ancora oggi lo contraddistingue. Se negli anni ’60  l’esperienza e i mezzi per combattere quelle malattie erano pochi, fondamentale era condividere quelle poche esperienze.

“ Nel 1969 insieme ad altri ematologi pediatrici fondammo l’associazione italiana ematologia e immunologia, poi diventata associazione italiana ematologia e  oncologia pediatrica AIEOP. Queste associazioni permisero di unificare i protocolli, standardizzarli e unire gli esperti del settore al fine di promuovere nuove ricerche e condividere le nuove cure.”

Questo fu probabilmente il primo passo per uscire dalla fase pionieristica, anche se la strada da percorrere era ancor lunga.

Ricorda ancora il professor Carnelli: “a quei tempi, per evitare ai talassemici il disagio del ricovero ospedaliero, ci inventammo una formula che anticipò quello che poi sarebbe stato istituzionalizzato e battezzato day hospital. In pratica creammo una sorta di ambulatorio semiclandestino nei sotterranei della Clinica, sotterranei che contribuivano a suscitare una impressione di clandestinità.

Ricordo che fu in quel periodo che mi guadagnai il titolo di ago d‘oro per l’abilità che acquisii in quegli anni grazie alle tante trasfusioni fatte”.

Dovettero passare 10 anni perché nascesse il primo day hospital ufficiale, dieci anni passati fra i sotterranei e i lettini dell’accettazione.

Il primo grande successo professionale arrivò nel 1982, mentre la nazionale italiana vinceva i mondiali di calcio applaudita da Pertini e da tutta Italia, la Clinica De Marchi ottenne un proprio primato mondiale, tanto più silenzioso quanto più importante. Prima nel mondo, la Clinica Pediatrica De Marchi ebbe a disposizione il fattore 8 della coagulazione trattato in modo da permettere l’eliminazione dei virus epatici e dell’HIV dal sangue trasfusionale. Questa scoperta permise, ai tanti pazienti che dovevano ricorrere periodicamente alla trasfusione, di uscire dall’incubo di contrarre malattie attraverso le trasfusioni.

Sempre negli anni ’80 arrivò una nuova importante svolta terapeutica: in De Marchi si iniziarono a curare i talassemici con il chelante orale. Malgrado l’iniziale sospetto degli altri centri pediatrici, la squadra del professor Carnelli aprì la strada a una terapia che permette oggi a tanti thalassemici di fare a meno di dolorosi e fastidiosi aghi per la quotidiana terapia ferrochelante.

Ma forse i veri successi di questa professione sono altri, sono piccoli momenti magici che può cogliere solo chi sa cosa vuol dire vedere guarire e dimettere dall’ospedale un bambino entrato malato poco tempo prima. Oppure la soddisfazione di vedere un giovane paziente thalassemico decidere di curarsi  nel migliore dei modi seguendo tutte le indicazioni che gli vengono date.

Ora i ricordi sono più recenti, siamo giunti agli anni ’90, anni che per il professor Carnelli rappresentarono il raggiungimento di un nuovo traguardo. Dal 1993 gli venne offerta la possibilità di insegnare all’Università di Milano prima Ematologia e Oncologia e poi Pediatria Generale e Specialistica: finalmente gli fu possibile soddisfare la sua passione per l’insegnamento e avere la possibilità di trasferire le sue conoscenze a nuovi giovani medici.

Una generazione di medici che certo è tanto differente da quella del professor Carnelli: una volta essere medico voleva dire prima di ogni cosa saper dare attenzione al paziente. Quando la tecnologia ancora non poteva dare il supporto che dà oggi, il principale strumento del medico per le sue diagnosi era la capacità di comprendere i sintomi del paziente attraverso l’analisi fisica e il dialogo. Dialogo con il paziente che quando si tratta di bambini diventa ancora più importante. Oggi la medicina offre più possibilità di diagnosi e i progressi tecnici permettono delle cure migliori, ma, come spiega il professor Carnelli: “io cercherò sempre di insegnare ai miei allievi l’importanza della pediatria fatta stando accanto al letto del paziente, ascoltandolo e meritandosene la fiducia, la stessa pediatria che mi insegnò Suor Simonina, quando ero un giovane medico alle prime armi”.

Dal 1999 il lavoro del professor Carnelli subì un mutamento, quale direttore del dipartimento di Pediatria gli è stato chiesto di dedicarsi a una attività  manageriale, chiedendogli il sacrificio di dedicare meno tempo alla sua presenza nei reparti della Clinica.

“Per me fu un grosso sacrificio, dovetti farmi violenza per accettare questo nuovo ruolo, presto però capii che non sarebbe stato un sacrificio inutile e che anche così avrei potuto dare il mio contributo. Accettai la nuova sfida manageriale cercando di rivedere tutto il  modo di lavorare e le sue ricadute sui pazienti. In breve riuscii a fare ottenere alla Clinica De Marchi, unico ospedale pediatrico, l’accredito della American Assessment Joint Commision per l’eccellenza. A questo prestigioso riconoscimento  seguì la certificazione ISO 9002 per la qualità”.

Con questi ultimi traguardi abbiamo finito di ripercorrere la storia della Clinica De Marchi e i ricordi del professor Carnelli, prima di salutarci ha però voluto aggiungere che: “una delle esperienze che più mi hanno arricchito è stata entrare nel mondo del volontariato, un mondo attraverso il quale è ancora possibile scoprire la bellezza della solidarietà. Per questo sono grato alla Fondazione De Marchi e a tutte le Associazioni di cui faccio parte per ciò che mi hanno dato e per come mi hanno saputo arricchire come medico e come uomo”.

Io credo che, se il professor Carnelli ha avuto la fortuna di realizzare il suo sogno di bambino, tanti bambini possono dire di avere avuto la fortuna di essere stati curati dal professor Carnelli.